Come funziona il dolore e perché ho male?

Iniziamo dalla cosa più importante, cosa è il dolore? Beh il dolore lo conosciamo bene o male tutti quanti, almeno una volta nella vita per una caduta, uno sforzo o a volte apparentemente senza motivo ci siamo ritrovati a sentire questa sensazione spiacevole. Prima di entrare troppo nello specifico sulle cause di un dolore è meglio specificare una cosa che è importante ricordare, il dolore viene definito acuto se è presente da meno di sei mesi, altrimenti verrà definito come cronico. Adesso passiamo invece ad una domanda più complessa, come funziona il dolore?

Uno dei primi modelli che è stato utilizzato per comprendere e spiegare il dolore è stato il modello cartesiano, ideato dal filosofo Cartesio nel XVII secolo identificava il danno tissutale ed il sistema nervoso periferico come stazioni di partenza del dolore. Ancora oggi questo modello viene applicato per l’impostazione di piani di trattamento e gestione del dolore.

Il Modello cartesiano utilizzava questo disegno per rappresentare il funzionamento del dolore.

Il dolore secondo cartesio passava attraverso le fibre nervose per arrivare al cervello, superando i vecchi concetti di spiritualità legati al dolore.

Il problema di questo modello teorico è che nella realtà clinica non trovava alcuna conferma, ad oggi anche grazie alle moderne tecniche di screening abbiamo la possibilità di osservare la struttura in modo estremamente preciso, siamo in grado di identificare lesioni non visibili ad occhio nudo e di trattare alterazioni strutturali in molto specifico. La verità è che il dolore NON è correlato ad un danno tissutale! Questa è una cosa molto importante da capire, troppo spesso vengono incolpati singoli elementi per giustificare anni e anni di dolore, ed è esattamente questo processo diagnostico che porta il paziente ad inseguire esami e trattamenti fondati su un modello teorico incompleto.

Ok, adesso che abbiamo specificato la non relazione tra un danno tissutale ed il dolore possiamo parlare un attimo di effettivamente come funziona la percezione del dolore, il nostro punto di partenza è in realtà proprio il tessuto periferico, ma non possiamo più parlare di dolore, dobbiamo parlare di stimoli nocicettivi, potrebbe sembrare un piccolo scambio di parole ma nella realtà cambia completamente come comprendiamo il dolore. Dal tessuto grazie a dei recettori (chiamati nocicettori) partono degli impulsi che attraversano il midollo spinale fino a giungere al nostro cervello, è qui che questi segnali vengono decodificati e compresi dal nostro cervello per generare una risposta, ed è qui che entrano in gioco delle variabili importanti, questa interpretazione di segnali dalla periferia non è uguale per tutti, e questo perché tutti noi siamo diversi: le nostre esperienze di dolore pregresso, le nostre abitudini, le nostre credenze e il nostro atteggiamento verso il dolore insieme a tantissimi altri fattori cambiano come questi segnali vengono interpretati, e di conseguenza genereranno una risposta diversa in ognuno di noi.

Per convincervi di quanto sia influente il nostro cervello sul dolore vi propongo un semplice caso del 1995 (Fisher et al) pubblicato dal “British Medical Journal” nel quale un lavoratore di 29 anni saltando su un asse di legno accidentalmente è atterrato con il piede su un chiodo che ha trapassato da parte a parte lo stivale. L’uomo in agonia è stato portato in pronto soccorso dove è stato sedato e lo stivale è stato aperto, nello stupore dei medici presenti il chiodo non aveva minimamente perforato la pelle ma si trovava in mezzo alle dita dei piedi. Eppure l’uomo percepiva un dolore estremamente forte e reale, perchè? Il cervello del nostro fortunato paziente è stato ingannato dal contesto, ha raccolto le informazioni di ciò che è successo, ha visto un chiodo che passava da parte a parte lo stivale, ha sentito l’impatto con l’asse e i pensieri e le emozioni del momento hanno costruito una risposta adeguata alle informazione che aveva raccolto- hai un chiodo conficcato nel piede- generando un dolore estremamente reale ma che nulla ha a che fare con alcun danno al tessuto.

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  • Fisher JP, Hassan DT, O'Connor N. (1995) Minerva.

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